2° Criterio di discernimento

Come servire di più e meglio il Signore?

Ora devo pormi una domanda: come posso nelle circostanze concrete della mia vita servire di più il Signore? Non c’è, nella vita dell’uomo, un bene più grande di Cristo. Perché vivere in Cristo è la condizione definitiva che rende l’uomo veramente felice, e felice per sempre, di quella letizia che non tramonta.
Allora io devo rispondere a questa domanda: come nelle circostanze concrete della mia vita posso servire di più il Signore? In quale modo posso dare più gloria al Signore e posso renderlo maggiormente incontrabile dagli uomini del mio tempo?
Per poter rispondere a queste domande occorre avere una grande stima di Gesù, aver assimilato in sé la convinzione che non c’è bene più grande di Lui. Se non è cresciuto questo amore, diventa difficile rispondere a quelle domande e soprattutto diventa astratto parlare di vocazione, poiché la vocazione nasce proprio da questo aver capito che Cristo è il bene più grande della vita.
La concezione con cui la mentalità mondana ci abitua a guardare al nostro futuro è agli antipodi di questo criterio. Il criterio con cui siamo abituati a guardare il nostro avvenire è incentrato sul tornaconto o il gusto o il comodo per l’individuo: nel fare questo o quello che cosa ci guadagno di più? Che cosa mi soddisfa di più? Che cosa mi fa più comodo? Raramente siamo abituati a domandarci: che cos’è il mio vero bene? La strada da scegliere, la persona da amare, la professione da svolgere, la scuola da frequentare: tutte queste cose sono determinante – per il mondo – da un’unica preoccupazione: il vantaggio del singolo. Stando così le cose, capovolgere questo criterio rischia di essere pensato come un’infatuazione religiosa, un’esagerazione, una sfida al buon senso.
Che uno possa intuire che il criterio decisivo per la sua vita sia l’amore a Cristo è visto come un’anormalità, anche da persone pur buone. Forse anche i genitori, nella preoccupazione peraltro lodevole di vedere i loro figli riuscire, ragionano sulla vita in modo che Gesù Cristo resta esiliato dalla realtà. Egli non è pensato come il criterio che può determinare tutta la vita di un giovane. Consigli, ammonimenti, giudizi, rimproveri …, tutti gli interventi, sono guidati come se non ci fosse il desiderio di servire il tutto, di essere a disposizione del regno di Dio, di farsi strumento di Cristo nel mondo. La vocazione cristiana deve recuperare prima di tutto questo attaccamento pieno di amore al Signore. Questo è il più grande criterio educativo per una giovane personalità cristiana.